link alla carta geologica 1:50.000
tratta dal sito Ispra
L’edificio dell’Appennino settentrionale nasce in un contesto tettonico a stile compressivo nel quale hanno avuto un ruolo di prioritaria importanza i movimenti di convergenza e divergenza della
placca Corso-Sarda, Iberica, Adriatica ed Europea.Il meccanismo evolutivo risulta alquanto complesso; nelle linee generali è impresso dal movimento rotazionale antiorario della placca Africana,
per l’apertura dell’Oceano Atlantico, determinando nel bacino Mediterraneo (nel settore italico) spinte tettoniche con vergenza nord-est. Le fasi dell’attività geodinamica possono essere
sostanzialmente raggruppate in due cicli tettonici fondamentali. Il ciclo più antico, conosciuto come "Fase Ligure", si sviluppò dal terziario basso all’Oligocene superiore e comprese gli eventi
geodinamici antecedenti ed afferenti la collisione continentale tra la propaggine Corso – Sarda della placca Euroasiatica e la micro-placca Adriatica. Il secondo ciclo, invece, noto come "Fase
Toscana", si sviluppò per tutto il Miocene e comprese gli eventi geodinamici relativi alla messa in posto quasi definitiva delle unità oggi affioranti nella fascia appenninica. Successivamente al
secondo ciclo nella regione Toscana seguirono manifestazioni di tettonica distensiva che si tradussero in grandi sistemi di faglie, parallele alla costa tirrenica, ed in evidente relazione con
l'apertura di questo mare. Nel dominio emiliano continuò, invece, la tettonica compressiva con estesi piegamenti e con ulteriori traslazioni e giustapposizioni delle unità presenti e in corso di
sedimentazione. La tettonica a stile compressivo continuò a perdurare fino ai giorni nostri, con picchi nel pliocene e nel pleistocene inferiore, interessando le strutture frontali sepolte della
Pianura Padana. L’edificio Appennino, come già affermato, nasce quindi in un contesto tettonico a stile compressivo nel quale le spinte orogenetiche attive dal terziario basso fino ai giorni
nostri, quasi esclusivamente in ambiente sottomarino, hanno comportato un notevole raccorciamento crostale. Concettualmente il processo di strutturazione è sintetizzabile nella dislocazione e
deformazione di potenti ammassi rocciosi, secondo un modello generale a falde di ricoprimento. Si tratta della sovrapposizione multipla (dall’inglese Thrusts) di sequenze sedimentarie ed ignee
(in modo subordinato), staccatisi dal substrato oceanico di formazione e traslate e giustapposte verso nord est in rapporto all’azione delle spinte orogenetiche. Nel dettaglio la strutturazione
dell’Appennino si compone di una serie di unità alloctone (Liguridi interne ed esterne e Subliguridi) che ricoprono con contatti di natura chiaramente tettonica un substrato costituito da una
serie di unità autoctone (Unità della Falda Toscana, Unita di Pracchiola- Bobbio-Cervarola e Cervarola e Unità padano adriatiche). In posizione superiore, sopra le Liguridi, si collocano le unità
pseudo-autoctone della Successione Epiligure M. Piano – Bismantova (Epiligure e bacino terziario piemenotese) e le successioni neoautoctone del margine appenninico. Le unità alloctone, collocate
quindi al tetto della catena appenninica, sono suddivisibili in due successioni principali:
1. Successione cretaceo-eocenica: rappresentano i sedimenti di fondo oceanico dell’estinto bacino della Tetide, depositati antecedentemente
alla collisione della placca Corso-Sarda con la Placca Europea. Si tratta di unità traslate ed intensamente deformate sopra le unità autoctone. Scompongono di un Complesso di Base a composizione
argillo-calcarea prevalente con inclusi potenti complessi ofiolitici (Complessi Ofiolitici di M. Aiona, M. Penna, M. Sillara, ecc.) e da una serie d’unità calareo-marnose (Unità Cassio, Unità
Caio, Unità Solignano) e arenaceo-calcareopelitiche (Unità Dosso, Sporno, M. Gottero, M. Zatta e parte inferiore di Canetolo);
2. Successione eo-miocenica: rappresentano i sedimenti di fondo oceanico sedimentati posteriormente alla collisione della placca Corso-Sarda
con la Placca Europea (Epiliguridi e parte superiore dell’unità di Canetolo). Queste unità, intensamente deformate dall’orogenesi appenninica, principalmente dalla “Fase Toscana”, si collocano
sopra la successione cretaceoeocenica.
La composizione risulta molto varia in relazione alla situazione morfologica dei vari bacini di formazione, nati dalla collisione di due placche tettoniche.
Le unità autoctone, situate invece alla base della catena appenninica, presentano deformazioni più contenute rispetto alle unità alloctone. Esse costituiscono l’asse portante del crinale
appenninico (Unità della Falda Toscana) e caratterizzano alcune finestre tettoniche nelle testate del bacino del T. Enza e del T. Parma (Unità Pracchiola – Bobbio – Cervarola). A grande scala, in
riferimento all’area di interesse, l’edificio strutturale si compone di una serie di unità alloctone, appartenenti sia alla successione cretaceo-eocenica che alla successione eo-miocenica
(Liguridi ed Epiliguri), che ricoprono l’unità autoctona Pracchiola – Bobbio – Cervarola. Nel dettaglio la zona è interessata dall’affioramento di litologie appartenenti alle “Unità
Liguridi”.
3.1 Le unità ligurudi
Le unità liguridi sono collocate al tetto della catena appenninica e ricoprono tettonicamente le unità subliguridi, anche se i rapporti geometrici non sono sempre chiari.Caratterizzano la maggior
parte degli affioramenti presenti nell’area in esame. Esse sono composte, come già affermato, da un Complesso di Base a composizione argilloso-calcarea prevalente con inclusi potenti complessi
ofiolitici (Arigille a Blocchi, Argille a Palombini e Arenarie di Ostia) sovrastato da un’unità calareo-marnose (Flysch di M. Caio).Lo spessore totale del "Complesso di base” è difficilmente
valutabile per l’intensa tettonizzazione, ma potrebbe essere compreso tra i 500 e i 1.200 metri.Le unità raggruppate in letteratura geologica con il nome di “Complesso di base” costituiscono le
sequenze stratigrafiche inferiori delle liguridi. Si tratta di litotipi prevalentemente argillosi e pelitici di età cretacica, comprendenti anche lembi dislocati di successione giurassiche,
caratterizzati di sovente da una notevole deformazione che spesso le trasforma in "tettoniti" duttili, stratigraficamente molto disordinate e caotiche.Intensissimi processi deformativi,
principalmente duttili, caratterizzano l'intera formazione di "argille e calcari".In questa unità argilloso-calcarea si può riscontrare infatti, una continua variazione delle pendenze e delle
giaciture degli strati e della fogliazione tettonica.Tra i diversi depositi afferenti alle Unità Liguridi nell’area in studio affiorano litologieappartenenti alla formazione delle “Arenarie di
Ostia”, presenti anche in affioramento.
3.1.1 Arenarie di Ostia
Le Arenarie di Ostia sono costituite da torbiditi arenaceo silstose in strati sottili e molto sottili che localmente, verso l'alto della serie, aumentano mediamente di spessore fino a presentare
bancate arenacee ed arenaceo-mamose di alcuni metri; affiorano diffusamente nella zona del centro abitato di Berceto. A Nord dell’abitato di Berceto lungo il versante che scende verso l’incisione
del T. Baganza è stata riconosciuta la “litofacies arenaceo pelitica di Belforte”. Si tratta di arenarie torbiditiche medie caratterizzate da strati medi e localmente spessi, a base piana e tetto
ondulato, alternate da sottili livelli pelitici
redatto da: AMBITER