presentazione

Con l’originale titolo … voi siete qui, che – come noto – indica il punto della mappa dove si trova il visitatore, Paolo Sacchi presenta la sua prima personale di dipinti ad olio, che illustrano strade, abitazioni, scorci e luoghi caratteristici di Calestano, Comune preappenninico dove da anni risiede e lavora.

Diplomatosi all’Istituto d’arte di Parma nella sezione disegno d’architettura, ha, da allora, avuto a che fare col disegno. Illustrazioni per progetti di scenografie e per importanti studi d’architettura e d’arredamento, un rilevante numero di acquerelli di vario soggetto per cataloghi, e agenzie pubblicitarie, disegni di carattere naturalistico che illustrano animali, specie arboree ed arbustive. E’ autore di raffinati lavori a china, di svariati trompe l’oeil in abitazioni private ed edifici pubblici, di dipinti murali, xilografie, mosaici ceramici e vetrosi. Si dedica da tempo alla lavorazione della pietra, sì da potersi considerare uno degli ultimi scalpellini della Val Baganza; nella sua panoramica casa-laboratorio di Ramiano sono disseminate arenarie, conglomerati e pietre di vario tipo con cui modella sculture monumentali, complementi d’arredo e oggetti di design.

Un artista così eclettico non poteva non cimentarsi nella pittura ad olio. Ne è testimonianza questa mostra allestita in modo non consueto, dato che le tele sono incastonate in nove pannelli di grandi dimensioni. Gli oltre 50 dipinti, di diversa grandezza, costituiscono un atto d’amore dell’autore nei confronti del paese che lo ospita, della sua peculiare architettura in sasso, del suo stretto reticolo di viuzze, di volte e portali inseriti in un composito tessuto urbano. Altri quadri rappresentano il rigoglioso verde delle montagne circostanti, lavori di manutenzione stradale, particolari dei tralicci dell’alta tensione, bidoni della spazzatura dagli sgargianti colori, dettagli di porte, finestre, balconi, negozi caratteristici. La mostra ci presenta dunque gli aspetti più significativi del borgo medievale e del suo territorio circostante: via Mazzini, l’arteria principale affiancata da suggestivi portici visti da diverse angolature, la Bastia immersa in un’atmosfera quasi metafisica, lo svettante campanile della parrocchiale dedicata a S. Lorenzo martire, l’elegante loggiato di Palazzo Barbieri, cascinali e caseggiati di più recente costruzione.

L’accurata pittura figurativa di Sacchi si connota per l’attenzione al manufatto o al dettaglio preso in esame, peraltro rivisitati e personalizzati dall’occhio e dalla sensibilità dell’artista. Esemplare è il gioco delle luci e delle ombre, il nitore del cielo nelle diverse ore della giornata, il profondo senso della prospettiva, il ricorso ad una colorazione – talora lievemente materica – vivida, incisiva, mai appesantita da toni contrastanti. L’attenzione al particolare è stimolato dalla mancanza di figure umane, se si eccettua la presenza di alcune ombre fugaci o di due popolane intente in presumibili amabili conversari.

Si tratta – a parere di chi scrive – di una “prima” di grande suggestione: un vero e proprio affresco del borgo montano che consentirà sia ai residenti sia agli assidui di Calestano di riscoprire e soffermarsi su luoghi noti, ma forse non sempre osservati con la debita attenzione. L’auspicio è che, in un prossimo futuro, la mostra possa essere allestita anche in altri Comuni del parmense e non, in quanto essa costituisce anche un importante biglietto da visita, una vera e propria vetrina per far ulteriormente conoscere e valorizzare l’ospitale paese della Val Baganza.

 

Prof. Giovanni Gonzi

(Università degli Studi di Parma)

 


Ramiano, 6 Luglio 2013

 

 

A Paolo Sacchi - Maestro d’Arte

Ramiano di Calestano (PR)

 

 

Caro Paolo,

questa mia per declinare il gentile invito a pronunciarmi criticamente sulla tua recente produzione pittorica che inaugureremo il 13 luglio a Calestano. L’esegesi dell’opera pittorica è impresa comunque delicata se non difficile e richiede strumenti conoscitivi che non mi sento di possedere in misura adeguata. Mi risulta già difficile l’applicarmi ai fenomeni dell’architettura e della città nell’ambito accademico che mi è proprio, figurati il resto.

 

Tuttavia, in forma epistolare e con la confidenza che contraddistingue un rapporto amicale ma anche di collaborazione e stima professionale – nella mia chiesa di San Luca le tue opere scultoree hanno un ruolo non indifferente – non mi sottraggo ad alcune impressioni che nascono da un primo anticipato sguardo ai quadri nella tua casa-studio sul promontorio ramianese.

Con la presenza rassicurante di Susanna - che d’altra parte si intende di letteratura anglosassone come di arcane forme dell’animismo indiano – mi hai mostrato una serie di quadri di piccolo formato il cui soggetto è il paese di Calestano con qualche pezzo limitrofo di Val Baganza.

Quadri che, adducendo a pur motivate esigenze di trasporto e di allestimento in mostra, hai ricomposto a gruppi di sei o sette in alcuni telai di grande formato. Pannelli “finestrati” attraverso cui l’osservatore guarda ad ogni singola opera, una sorta di polittico con disposizione geometrica alla maniera neo-plastica dove ogni singola opera sente il rapporto con la precedente a fianco (ma questo dipende dall’ordine di lettura di ogni osservatore….). Mi dirai: cosa c’entra tutto questo con l’espressione pittorica in se? La risposta è arrivata anche a me stesso visitando la scorsa settimana la Biennale Arte di Venezia che come sai titola “Il Palazzo Enciclopedico”. Ecco io penso che la tua opera abbia i crismi, dal punto di vista di quella categoria critica, per essere considerata “enciclopedica” nel senso di un lavoro che cerca di mettere ordine nelle cose del mondo - nella fattispecie calestanese ma la scala fisica e valoriale del soggetto non importa – attraverso un suo reiterato e sistematico tentativo di rappresentazione. Un unico fenomeno-soggetto pittorico da osservare e trascrivere attraverso molteplici punti di vista, molteplici quadri. Una s-composizione che rimanda però sempre al medesimo corpo costruito, privilegiando ciò che c’è di più fisico, di più plastico di quella realtà vale a dire muri, selciati, tetti, ma anche e soprattutto densissimi vuoti spaziali. Tanti luoghi, uno stesso luogo, tante parti sino al dettaglio che alludono allo stesso corpo insediativo, a quel carattere che nel titolo della mostra ci coinvolge nell’esserci, solo ed esclusivamente “QUI”. Il dato geografico è quindi parte fondamentale del contenuto artistico della tua opera, secondo una geografia post humboldtiana che come direbbe Farinelli non può più descrivere ma solo interpretare, sino ad assumere per molti di noi il denotato dell’“essere”.

In questa enciclopedica voce “Calestano”, redatta attraverso immagini pittoriche, è del tutto lecito ritrovare le tue affezioni analogiche in particolare riguardanti Hopper ma anche, a mio avviso, una forma di desinenza morandiana per come perseveri nello scavo rappresentativo applicato ad un unico soggetto, anche se tu reiteri attraverso le parti del tutto mentre Morandi agiva su una parte intesa come tutto. E poi mi piace soprattutto pensare che entrambi avete in comune l’affezione di chi abita il paesaggio del primo rilevato appenninico emiliano….

Ancora più in filigrana, e non volermene per l’arbitrio interpretativo, vedo nei tuoi quadri anche le fondamenta geometriche della pittura cezanniana che immagino tu abbia assorbito nella formazione all’accademia parmigiana dell’Istituto Toschi.

Mi piacerebbe soffermarmi ancora sui tanti aspetti dell’opera ma mi preme piuttosto dirti un ultima cosa riguardante il tuo ruolo. “Maestro d’arte” è scritto in qualche angolo della tua bottega nel borgo calestanese, e forse anche nella tua succursale salese, titolo più che mai appropriato per come eserciti la trasmissione didattica delle tecniche artistiche e soprattutto per la pluralità della tua esperienza, da scultore della pietra, incisore, disegnatore ( ecco dimenticavo, non a caso di belle coreografie geografico-turistiche della Val Baganza e non solo…), pittore e forse altro ancora. Retorica vorrebbe che subito ti caricassi di una responsabilità artistica neo-rinascimentale, secondo l’idea di un’unitarietà dell’arte, priva di confini, separazioni ecc.. Ma mi interessa qui non tanto o non solo l’eclettismo strumentale del tuo “fare” bensì il fatto che tale molteplice “fare” abbia un ben preciso luogo, presupponga un “abitare” il luogo. In questo senso allora vorrei invece caricarti di una responsabilità che già svolgi in termini di attenzione per il mondo che ci circonda, quello vicino a noi che sempre più le dinamiche della globalizzazione tendono a banalizzare, come nel ruolo di ascolto, di anamnesi, di diagnosi e di cura che il medico condotto ( ….ancora un “qui”) opera nel proprio contesto di appartenenza. Ecco, in questo senso potrei dire che ti vedo come “artista condotto” che sperimenta la propria arte sul corpo del luogo in cui vive così predisponendone la cura, che poi vuol dire, fuor di metafora, avere da parte di tutti noi consapevolezza della bellezza evidente e nascosta del contesto in cui viviamo per accrescerla, coltivarla, farla evolvere. Una bellezza non sempre compresa e quindi, come sempre quando non c’è comprensione, stupidamente cancellata.

Ne sono sicuro, la tua pittura del “voi siete qui” può essere un utilissimo principio attivo nel risvegliare sensibilità ed attenzione estetica nei confronti di forme, figure, paesaggi delle contrade della Val Baganza.

 

Termino qui, l’erba in questa stagione cresce a vista d’occhio e mi corre l’obbligo dell’ennesimo taglio….

 

a presto, un caro saluto

 

Carlo

 

 

scritto critico di Carlo Quintelli 

-Università degli Studi di Parma-